Anziani e decadimento cognitivo

I cambiamenti del corpo e della mente, il DNA e la propria storia personale possono portare ad un invecchiamento accompagnato da un decadimento cognitivo.

Il declino cognitivo è uno tra gli aspetti più temuti della vecchiaia. Spaventa l’idea di non riuscire più a compiere le azioni di ogni giorno, l’impossibilità di ricordare date e fatti, l’incapacità di vivere in modo autonomo e indipendente.

L’associazione americana degli psicologi (Apa) nel 1987 ha fornito una chiara definizione del termine: “la demenza o decadimento cognitivo cronico-progressivo è una malattia del cervello che comporta la compromissione delle funzioni cognitive tale da pregiudicare la possibilità di una vita in autonomia.
Ai sintomi cognitivi si associano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che variano come entità da individuo a individuo. Inoltre è presente una progressiva alterazione dello stato funzionale”.

Con l’avanzare della demenza la persona riduce l’autonomia e la capacità di gestire le attività di cura del sé. Il decadimento ha un’evoluzione progressiva durante la quale i sintomi peggiorano sempre più fino a una condizione di totale dipendenza. Le demenze sono molteplici e sono classificate in base a diversi aspetti, per esempio in base alle cause, all’esordio, ai sintomi che emergono o alle strutture cerebrali coinvolte.

Tuttavia, esistono piccoli accorgimenti che possono aiutare a prevenire tale declino. Comportamenti, anche “banali”, da mettere in atto per migliorare la propria memoria.
A dirlo è uno studio pubblicato su “Neurology”, la rivista dell’American Academy of Neurology, e condotto dalla Rush University Medical Center di Chicago. Il risultato? Chi si muove di più, anche tra le mura di casa, stimolerebbe meccanismi dall’effetto protettivo, capaci di contrastare l’invecchiamento del cervello e di prevenire così la demenza senile.

“Ciò che è emerso è che gli anziani che si muovono di più durante il giorno hanno una migliore capacità di ragionamento e una maggiore memoria. “

Lo studio ha coinvolto 454 anziani, di cui 191 affetti da demenza senile; ogni anno, per vent’anni, sono state testate le loro condizioni fisiche e le abilità di memoria e di ragionamento. E, negli ultimi due anni della loro vita (i pazienti sono deceduti ad un’età media di 91 anni, e hanno donato alla ricerca i tessuti cerebrali), con un accelerometro capace di individuare ogni movimento corporeo compiuto nel corso della giornata, è stata monitorata la loro attività fisica.

Ciò che è emerso è che gli anziani che si muovono di più durante il giorno hanno una migliore capacità di ragionamento e una maggiore memoria. Così come gli uomini e le donne con abilità motorie (coordinazione, equilibrio) significative.
Ecco dunque che, fare regolare attività fisica, riesce per davvero a proteggere il cervello, aiutando la memoria e le capacità cognitive; e non si tratta di correre, o di andare in palestra, ma di compiere semplici movimenti tra le mura di casa come svolgere le mansioni domestiche o fare brevi “passeggiate” tra le stanze.

Gli anziani che compiono tali azioni migliorano dell’8% i punteggi di memoria e ragionamento logico, quando sottoposti a test.

Analizzando poi i tessuti cerebrali, i ricercatori hanno fatto un’ulteriore scoperta: anche in presenza di biomarcatori di Alzheimer e demenza, l’equazione maggiore movimento uguale più memoria rimane valida. Muoversi è quindi importantissimo, non solo per restare in forma (e abbassare così il rischio di diabete e malattie cardiovascolari) ma anche per il proprio cervello.

Su quali attività puntare?In caso non si possa fare esercizio fisico vero e proprio, come spesso da anziani succede, sono perfette le attività quotidiane:
– apparecchiare la tavola;
– fare giardinaggio;
– camminare;
– fare la spesa
– cucinare.

Se invece si potesse andare in piscina o in palestra, le attività da privilegiare sono il nuoto, lo stretching e gli esercizi per aumentare la coordinazione ed esercitare l’equilibrio.

La valutazione dei sintomi della demenza richiedono la presa in carico della persona da parte di un’equipe composta da diverse figure professionali:  il neurologo, il geriatra e lo psicologo con specifica formazione neuropsicologica, in grado cioè di conoscere i profili cognitivi e comportamentali delle varie forme di demenza e in grado di utilizzare test necessari per la valutazione dei diversi profili. La valutazione da parte del gruppo di lavoro permette, attraverso l’esecuzione di visite cliniche e di diversi esami (tac, risonanza magnetica, esame del sangue, test neuropsicologici), la precisa diagnosi del profilo valutato, in modo da determinare la prescrizione della terapia più adatta (sia farmacologica che non farmacologica). Va sottolineato che gli interventi proposti hanno come obiettivo il mantenimento nel tempo delle risorse presentate, ma non la risoluzione del decadimento, che è una condizione irreversibile.

Compresa e accertata la demenza cognitiva è possibile intraprendere varie tipologie di terapie utili a limitare l’avanzamento della malattia e stimolare il cervello.

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